Numero 12/2021

26 Marzo 2021

Coltivazione hobbistica del luppolo: consigli pratici!

Coltivazione hobbistica del luppolo: consigli pratici!

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Per tutti gli homebrewers “integralisti”, che vorrebbero fare autoproduzione delle materie prime, da qualche anno è possibile acquistare, direttamente sui siti che vendono materiale birrario, le piantine di luppolo da mettere a dimora nel proprio orto domestico.

Le piantine vengono vendute in vaso ed il periodo migliore per acquistarle è l’inverno, quando la pianta è a riposo, o la primavera, quando inizia ad emettere i germogli. Acquistandole d’inverno bisogna evitare di piantarle durante le gelate; si deve quindi tenerle da parte, magari in cantina o in garage, avendo l’accortezza di mantenere l’umidità del terreno per non lasciare seccare le radici. A questo scopo, come specificato normalmente nelle istruzioni annesse, bisogna pesare il vaso all’arrivo a casa, e periodicamente controllare il peso e reintegrarlo aggiungendo acqua. Passato il periodo delle gelate, la pianta può essere messa in terra. Il luppolo è una pianta perenne con un esteso apparato radicale, che anno dopo anno emette nuovi germogli, dando luogo alla parte vegetante. La buca dev’essere quindi abbastanza ampia e la terra va resa soffice, in modo da permettere all’apparato radicale di espandersi e approfondirsi nel terreno. È consigliabile aggiungere al terreno anche letame pellettato e cornunghia come fonte di azoto.

 

 

Una volta messo a dimora, bisogna solo aspettare i primi tepori primaverili per vedere spuntare dal suolo i germogli. Le mie piantine, ormai messe a dimora da alcuni anni, hanno iniziato in questo periodo a farsi vedere. Per cercare di coprire le varie gamme di birra che produco in casa ho acquistato un luppolo inglese, l’East Kent Goldings, un luppolo tedesco, lo Smaragd, ed uno americano, il Cascade, che come tutto ciò che è americano è il più esuberante! Il limite della coltivazione in proprio del luppolo è che noi non possiamo sapere a priori la composizione chimica della luppolina prodotta, in particolare la percentuale di α-acidi, che conferiscono l’amaro alla birra. Per farlo dovremmo far analizzare a qualche laboratorio specializzato i nostri coni. Basarsi sulla percentuale dichiarata sui siti di vendita può essere fuorviante perché la composizione varia di anno in anno, in base all’andamento climatico stagionale e anche in base alla composizione del terreno in cui le piantine sono messe a dimora, cioè, per condensare in un unico termine, in base al terroir. Il mio consiglio (ed è quello che faccio abitualmente) è quello di usare i coni solo per fare dry hopping, dove l’apporto dell’amaro è pressoché nullo, ma sono fondamentali invece il profumo e gli aromi. Ad esempio i coni inglesi li uso per fare una birra stile bitter, il Cascade per un’APA e lo Smaragd l’ho provato quest’anno per il dry hopping di una lager in stile tedesco, con buoni risultati.

 

 

Per il primo paio d’anni di coltivazione conviene lasciare sviluppare il luppolo liberamente, in modo che le radici si espandano e si rinforzino, dopodiché, negli anni successivi, allo spuntare dei germogli conviene eliminare i primi, che possono crescere deboli ed irregolari; delle nuove gettate, più forti, bisogna selezionarne quattro-sei migliori ed eliminare gli altri.

Come cura colturale è opportuno anche concimare le piante a metà marzo, metà maggio e appena dopo la raccolta con un concime da piante da frutto a lenta cessione possibilmente ricco di potassio. Si può usare altrimenti, in aggiunta al concime a lenta cessione, della cenere di legna, ricca di fosforo e potassio, stando comunque attenti a non eccedere per non rendere il terreno troppo basico.

Per adesso è tutto. Le piantine hanno appena iniziato a crescere. Con un prossimo articolo vedremo come gestire la crescita dei germogli che, come vi accorgerete, crescono ad una velocità stratosferica!

 

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Enrico Garda
Info autore

Enrico Garda

Sono nato a Torino nel 1961 (ormai viaggio per i 60!), ma mi considero lombardo di adozione, perché abito in provincia di Lecco da ben 45 anni, dove mi sono sposato con Patrizia e ho avuto 3 figli (ho già anche 2 nipotine). Sono stati proprio i miei figli, conoscendo la mia passione per la birra, che un Natale di due anni fa mi hanno regalato un kit per fare la birra in casa. La scintilla devo dire che non è scoccata subito. Il kit è rimasto in cantina per qualche mese. In questo tempo ho meditato, mi sono informato, ho letto e poi…mi sono lanciato nel vuoto. E dico proprio nel vuoto perché “Nessuna esperienza precedente può averti preparato per assistere alla carneficina a cui assisterai fra poco”, come dice Dan Aykroyd a Eddie Murphy in Una poltrona per due. Naturalmente esagero, però i problemi che si devono affrontare durante la preparazione della nostra bevanda preferita sono tanti e a volte difficili da risolvere. Ho pensato allora di mettere a disposizione la mia piccola esperienza (ho fatto fino ad ora una decina di birre diverse, provando tecniche e stili vari) di homebrewer molto casalingo a chi vuole entrare in questo mondo veramente affascinante. Ho una predilezione per le birre tedesche, che sono, come loro, intendo i tedeschi, asciutte e di poche parole. Pochi fronzoli, niente gusti strani, il malto ed il luppolo che dominano su tutto. Ma mi piace anche sperimentare. Se qualcuno vorrà poi condividere con me le sue esperienze ben venga. Ho poco da insegnare e tanto da imparare.