Numero 07/2023

15 Febbraio 2023

Alla scoperta degli stili: CATEGORIA STANDARD AMERICAN BEER E STILE AMERICAN LIGHT LAGER

Alla scoperta degli stili: CATEGORIA STANDARD AMERICAN BEER E STILE AMERICAN LIGHT LAGER

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Iniziamo oggi con la prima delle categorie e il primo degli stili contenuti nel BJCP.

Innanzitutto una breve premessa, che varrà d’ora in poi per tutti gli stili e le categorie presentati: i nomi di entrambi verranno riportati sempre nell’originale inglese poiché, soprattutto per gli stili, sono i nomi che comunemente vengono utilizzati anche nei mercati nostrani e in generale in tutto il mondo birrario (la traduzione potrà essere inserita se ci si riferisce a nomi tradizionali degli stili di paesi non anglofoni per meglio chiarire ciò che viene inteso nel BJCP).

 

Le categorie sono indicate con un numero progressivo e gli stili, all’interno di esse, con il medesimo numero seguito da una lettera dell’alfabeto in maniera sempre progressiva.

Partiamo quindi con la categoria 1 del BJCP, quella delle Standard American Beer.

Essa racchiude gli stili più comuni e diffusi tra i consumatori americani e le birre distribuite nella GDO (grande distribuzione organizzata); essa prevede sia alte che basse fermentazioni ma accomunate dal fatto di essere non troppo complesse come aromi, gusto e struttura e quindi fruibili dall’utente medio e non particolarmente educato dal punto di vista del gusto birrario. Si precisa inoltre che le alte fermentazioni sono spesso concepite come “birre ibride” tendendo ad avere caratteristiche molto simili a quelle delle lager, proprio per evitare lo sviluppo di complessità.

In realtà, se andiamo ad analizzare dal nostro punto di vista gli stili che la categoria comprende, notiamo che se l’accenno alla grande distribuzione è verissimo per il mercato statunitense, altrettanto si può dire per quello italiano solo per i primi due stili (le American Light Lager e le American Lager, birre che in effetti possiamo trovare spesso anche nel minimarket di quartiere e di cui l’esempio maggiormente rappresentativo è certamente la nota Budweiser); gli altri due stili presenti, le Cream Ale e le American Wheat Beer, non sono molto comuni tra le birre prodotte e importate nel Vecchio Mondo e potrebbero risultarci molto distanti dalle prime come gusto e complessità, se non altro perché le troveremo quasi solo nei contesti artigianali, quindi di per sé già con una qualità totalmente differente rispetto agli esempi industriali dei primi due stili (con le American Wheat che potrebbero risultare più familiari per l’assonanza con le birre di frumento prodotte in diversi paesi europei).

 

Passiamo ora a descrivere il primo stile di questa categoria e dell’intero BJCP, numerato come 1A, le American Light Lager.

Riportiamo innanzitutto la scheda del BJCP:

 

Impressioni Generali: Molto effervescente, con corpo leggero, quasi assenza di caratteristiche distintive, destinata ad essere consumata molto fredda. Molto rinfrescante e dissetante.

 

Aroma: Facoltativo un leggero aroma di malto, che se presente potrebbe essere percepito come di cereale, dolce o simile al granturco. Un leggero aroma di luppolo, speziato, floreale o erbaceo è facoltativo. Un profilo fermentativo pulito è desiderabile ma un’eventuale leggera presenza di caratteri del lievito non è un difetto.

 

Aspetto: Da giallo paglierino scarico a dorato scarico. La schiuma bianca raramente è persistente. Molto limpida.

 

Gusto: Abbastanza neutrale al palato, con un finale frizzante e secco e un gusto da molto leggero a leggero di cereali o mais che potrebbe essere percepito come dolcezza a causa dell’amaro molto lieve. Un contenuto sapore floreale, speziato o erbaceo dato dal luppolo è facoltativo e raramente è abbastanza forte da essere individuato. Amaro da basso a molto basso. Il bilanciamento potrebbe variare da leggermente maltato a leggermente amaro ma solitamente è in equilibrio. L’elevata carbonazione potrebbe accentuare la frizzantezza del finale secco. Profilo fermentativo pulito.

 

Sensazioni Boccali: Corpo molto leggero, qualche volta acquoso. Molto frizzante con un leggera sensazione di carbonazione sulla lingua.

Commenti: Pensata per attrarre un range di pubblico il più ampio possibile. Sapori decisi rappresentano un difetto. Caratteri di malto o luppolo poco presenti, il lievito spesso è la cosa che differenzia maggiormente i vari marchi.

 

Storia: Coors per un breve periodo ha prodotto una Light Lager nei primi anni ‘40. Le versioni moderne sono state prodotte per la prima volta da Rheingold nel 1967 per attrarre i bevitori attenti alla linea, ma divenne popolare solo nel 1973 quando Miller Brewing ha acquisito la ricetta e ha fortemente puntato a vendere questa birra tra gli appassionati sportivi con la campagna “Grande gusto, meno calorie”. Le birre di questo stile sono diventate il prodotto più venduto negli Stati Uniti già dagli anni ‘90.

 

Ingredienti Caratteristici: Orzo distico o esastico con in aggiunta una percentuale di riso o mais fino al 40%. Altri enzimi possono ulteriormente alleggerire il corpo e abbassare il quantitativo di carboidrati. Lieviti Lager. Quantitativi di luppolo poco significativi.

 

Confronto con altri stili: È una versione con corpo più leggero, grado alcolico inferiore e contenuto calorico minore di una American Lager. Meno luppolata e amara di una German Leichtbier.

Statistiche Essenziali:

OG: 1.028 – 1.040

FG: 0.998 – 1.008

IBU: 8 – 12

SRM: 2 – 3

ABV: 2.8 – 4.2%

 

Esempi in commercio: Bud Light, Coors Light, Michelob Light, Miller Lite

 

Tags: bassa gradazione, colore chiaro, bassa fermentazione, lagerizzata, Nord America, stile tradizionale, famiglia delle lager chiare, bilanciata

 

 

Un rapido riassunto delle caratteristiche enunciate dal BJCP ci rende abbastanza chiara la tipologia di birre comprese in questo stile, cioè birre con un gusto standard e senza sapori elaborati pensate per essere bevute più come bevanda rinfrescante che come una birra di cui apprezzare aromi, sapori, sapienza nella lavorazione e elementi caratteristici.

La presenza di caratteri luppolati e del malto (ad esclusione del caratteristico sapore dato dall’utilizzo massiccio nel grist di mais o riso) sono come leggiamo del tutto facoltativi e occasionali e in realtà anche la presenza di elementi dati dai lieviti, seppur segnalata come possibile chiave di differenziazione fra i vari marchi, è del tutto relativa (lieviti lager anche nei casi meno frequenti di alte fermentazioni); stesso discorso per l’aspetto che risulta essere quello della classica “bionda”, dorata e limpida con schiuma presente ma non troppo abbondante e mai persistente.

Infine, anche il gusto e le sensazioni boccali seguono lo stesso criterio: un sapore non dolce ma che può sembrarlo a causa dell’amaro quasi inesistente e soprattutto una frizzantezza che ha il medesimo scopo di rendere fresca e gradevole la bevuta, ancor più del sapore stesso.

 

Rispetto al successivo stile delle American Lager a cui sono praticamente assimilabili, le distingue una gradazione molto bassa, pensata per un consumo in quantità generose oppure, come la voce “Storia” racconta benissimo, a partire dagli anni ’60-’70 in poi come bevanda diretta agli sportivi in un periodo in cui la moda del fitness esplodeva negli Stati Uniti e veniva veicolata a livello pubblicitario grazie al coinvolgimento di famosi atleti degli sport diffusi in Nord America come football americano, basket, hockey e baseball.

Possiamo pensare ad esse come le classiche birre che vediamo nei film statunitensi, confezionate in blister di lattine e consumate alle feste nei college o da gruppi di amici che si godono la partita della squadra del cuore sul divano di casa.

Oltre al paragone con le American Lager, il BJCP ne fa uno con una tipologia di birre tedesche, le German Leichtbier, per una questione ovviamente di gradazione alcolica, ma che può essere esteso a livello di profilo aromatico e gustativo anche ad altre basse fermentazioni germaniche con la cruciale differenza di una complessità molto minore in particolare dal punto di vista dei luppoli (non c’è presenza degli elementi apportati dai luppoli nobili utilizzati spesso nelle lager tedesche) ma anche in generale del processo produttivo, oltre che dall’utilizzo massiccio di succedanei (mais e riso come già detto) che non sono presenti nella stragrande maggioranza dei tradizionali grist europei; in generale nel contesto europeo nei birrifici artigianali, più che uno stile assimilabile a questo, possiamo vedere ultimamente alcuni esempi di birre a gradazione molto bassa che vogliono strizzare l’occhio sia al concetto della birra “adatta per il fitness” che più in generale di una birra adatta a un pubblico e ad occasioni dove non si vuole rinunciare al gusto ma senza eccedere con l’alcol.

In ultimo, se ci concentriamo sull’Italia è difficile trovare un esempio vero e proprio perché il concetto “light” non è molto diffuso dal punto di vista delle birre; possiamo però rifarci, per quanto riguarda aromi e sapori, alle “cugine” con qualche grado in più, in particolare per fare due nomi abbastanza emblematici alla Budweiser e alla Miller (ormai abbastanza diffusa anche da noi almeno nella grande distribuzione): i loro equivalenti in versione light hanno lo stesso gusto ma con qualche grado in meno.

 

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Giacomo Scappaticci
Info autore

Giacomo Scappaticci

Sono nato e cresciuto a Roma, città dove vivo attualmente. Nella vita, dopo essermi laureato in Economia, ho intrapreso la carriera di programmatore informatico, lavoro che svolgo tuttora.
Proprio durante gli anni della laurea mi sono appassionato al mondo della birra artigianale grazie al Buskers e al suo publican Mirko, che ha aperto a due passi dall’università proprio nel corso del mio primo anno. Da lì è stato un continuo immergersi nel mondo di questa bevanda (mondo che seppur già presente da anni a Roma, stava sbocciando con maggior forza proprio in quegli anni): conoscendo piano piano nuovi stili, frequentando vari locali e soprattutto i festival. In tempi molto recenti la passione mi ha portato anche a frequentare due corsi di degustazione, con cui approfondire in maniera più consapevole le mie conoscenze.