Numero 06/2020

3 Febbraio 2020

Alice nel paese “Low Land Brewery”

Alice nel paese “Low Land Brewery”

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Vi presento Alice Badiale, la cofondatrice e responsabile commerciale del beer firm “Low Land Brewery”. Una giovane professionista, che insieme al suo compagno coltiva la passione per il buon bere nel territorio del Mantovano.

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Alice ha le idee ben chiare: le sue birre raccontano il legame profondo con il territorio e questa è la loro carta vincente. Nelle loro birre trovate la zucca mantovana, il riso Vialone Nano e altri prodotti caratteristici della zona.

Oggi, chiunque pensa di iniziare un’attività produttiva, prima di tutto deve conoscere il proprio territorio promuoverlo e valorizzarlo al meglio.

Vi invitiamo a sentire la storia di Alice e assaggiare le birre di “Low Land Brewery”.

 Alice, raccontaci la tua storia: qual è la tua professione e come sei arrivata ad occuparti di birra?

Mi sono laureata due anni fa in scienze e tecnologie per l’ambiente e le risorse, ma attualmente sono un’agente di commercio per un’azienda che produce latticini.

La mia storia con la birra è iniziata mentre studiavo a Parma, il mio appartamento si trovava nelle vicinanze di un beer shop e insieme ai miei coinquilini iniziammo a frequentarlo. Piano piano cominciai ad approfondire la conoscenza di questa interessante bevanda, ma solo come bevitrice sempre alla ricerca di novità.

Successivamente ho conosciuto Nicola, homebrewer da parecchi anni nonché mio attuale compagno grazie al quale mi sono avvicinata al mondo della produzione della birra.

Dopo un periodo di produzione casalinga, circa due anni fa decidemmo di partire con quest’avventura chiamata Low Land Brewery.

Raccontaci il progetto Low Land Brewery: com’è nata l’idea? Quali sono le peculiarità? Chi sono le persone che ti sostengono?

Credo che una delle caratteristiche che ci contraddistingue è il legame con il nostro territorio, infatti, il nome lo richiama. “Low Land” non fa riferimento alle sterminate terre scozzesi, ma alla “bassa mantovana” o come diciamo noi “la Bàsa”.

L’emblema del nostro legame con il territorio è la “Pumpkin ale”, una delle nostre prime ricette in cui utilizziamo malto e riso di produttori della provincia di Mantova e soprattutto zucca mantovana con l’aggiunta di qualche spezia. Abbiamo cercato di ricreare il famoso tortello mantovano in una birra.

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La nostra beer firm, inoltre, è impegnata in un progetto nato nel 2016 e chiamato “Mantua Rice Beer” che comprende birrifici e beer firm della provincia di Mantova che fanno rete per produrre birra artigianale mantovana.

Le birre che riportano il marchio “Mantua Rice Beer” infatti, rispettano dei parametri di ricetta che includono tra gli ingredienti principali Orzo e Riso Vialone Nano coltivati nella provincia di Mantova. La nostra interpretazione è la sopracitata “Pumpkin ale” che alla ricetta base aggiunge zucca mantovana e spezie.

Tra le persone che mi sostengo ovviamente c’è Nicola con il quale condivido questa entusiasmante ma anche impegnativa esperienza.

Anche le nostre famiglie ci aiutano in tanti aspetti, talvolta capita che partecipino attivamente all’organizzazione di qualche evento o fiera.

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Che tipo di birre producete? Quali sono gli stili?

Come ho detto in precedenza, tra le prime birre che abbiamo prodotto ci fu la “pumpkin ale” (birra alla zucca) che nel 2019 ci ha dato molte soddisfazioni aggiudicandosi il bronzo al “Brussels Beer Challenge” nella categoria birra alla zucca e il luppolo d’oro al Best Italian Beer.

Tra le luppolate produciamo la “Morning Hop” una APA ambrata da 5,5% vol dalle note agrumate e la “Kiwipa” una session IPA da 4% vol ricca di luppoli neozelandesi.

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La nostra linea, inoltre, comprende la “Bianca+” una blanche da 4,3% vol con la quale abbiamo vinto il primo premio per la categoria “Blanche e Witbier” al concorso “Solo Birra 2019” di Riva del Garda e la “Jurassic Pils” che è ovviamente una birra stile Pilsner.

Passando alle birre un po’ più impegnative, abbiamo una Belgian Dark Strong Ale da 10,5% vol della quale abbiamo prodotto le due versioni barricate (una in botte di rum e l’altra di bourbon) e l’ultima nata, che uscirà a breve, una Russian Imperial Stout.

A parte la produzione della birra stessa qual è la mission della vostra beer firm?

Sicuramente fare cultura e far conoscere il valore della birra come prodotto artigianale. Vorrei che anche nel nostro Paese, come già succede in diversi paesi europei, la birra artigianale diventasse più presente sulle tavole e che chi si trova a berla fosse consapevole del valore di tale prodotto rispetto a una classica birra industriale.

A tale proposito siamo promotori di svariati eventi sul nostro territorio, tra cui corsi di approfondimento, degustazioni guidate e manifestazioni enogastronomiche.

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Quali sono i tuoi piani per il futuro e come vedi la situazione dei birrifici artigianali e delle brew firm in Italia?

Lavoreremo perché la nostra beer firm venga sempre più conosciuta sia a livello locale che nazionale. Sperimenteremo nuove ricette con l’utilizzo di prodotti del territorio, soprattutto ci dedicheremo alla coltivazione delle materie prime. Quest’anno partiremo con un progetto che ci sta molto a cuore, cioè la produzione di birra brassata con malto da orzo coltivato nei nostri campi. Questo ci permetterà di essere più autonomi e di avere un prodotto sempre più controllato e di qualità. E chissà che un giorno non arriveremo ad avere un impianto tutto nostro.

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Noto che la cultura della birra artigianale si sta diffondendo e che ci sono delle realtà italiane molto interessanti riconosciute sia a livello nazionale che internazionale; però credo che dentro i nostri confini ci sia ancora molta strada da fare. E’ difficile, ancora oggi, far comprendere che la birra artigianale è un prodotto di pregio come può essere una bottiglia di buon vino. La mia esperienza di agente di commercio, che mi porta ad essere molto spesso a contatto con il mondo dei ristoranti e delle pizzerie, mi fa pensare che occorra una continua operazione di sensibilizzazione e informazione a partire dai ristoratori affinché siano in grado di incuriosire il cliente perché provi un prodotto diverso rispetto alla solita birra chiara industriale.

Con questo discorso non intendo dire che non ci sono locali interessati al mondo artigianale, perché per fortuna ce ne sono, ma che la maggior parte non ha ancora avuto modo di conoscerlo.

 

Come donna, come ti senti nel fare il tuo lavoro?

Il mondo della birra purtroppo è ancora molto maschile, però mi sento positiva in quanto faccio parte dell’Associazione Donne della Birra che è molto attiva e composta da donne motivate e competenti. Il fatto che le associate abbiano ben chiari gli obiettivi da perseguire, mi fa sentire supportata nel mio percorso.

 

 

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Lina Zadorojneac
Info autore

Lina Zadorojneac

Nata in Moldavia, mi sono trasferita definitivamente in Italia per amore nel 2008. Nel 2010 e 2012 sono arrivati i miei due figli, le gioie della mia vita: in questi anni ho progressivamente scoperto questo paese, di cui mi sono perdutamente infatuata. Da subito il cibo italiano mi ha conquistato con le sue svariate sfaccettature, ho scoperto e continuo a scoprire ricette e sapori prima totalmente sconosciuti. Questo mi ha portato a cambiare anche il modo di pensare: il cibo non è solo una necessità, ma un piacere da condividere con la mia famiglia e gli amici. Laureata in giurisprudenza, diritto internazionale e amministrazione pubblica, un master in scienze politiche, oggi mi sono di nuovo messa in gioco e sono al secondo e ultimo anno del corso ITS Gastronomo a Torino, corso ricco di materie interessanti e con numerosi incontri con aziende produttrici del territorio e professionisti del settore. Il corso ha come obiettivo la formazione di una nuova figura sul mercato di oggi: il tecnico superiore per il controllo, la valorizzazione e il marketing delle produzioni agrarie e agro-alimentari. Così ho iniziato a scrivere per il Giornale della Birra, occasione stimolante per far crescere la mia professionalità.